Se hai deciso di entrare nel mondo del softair, complimenti! Ti aspettano avventure mozzafiato, strategia, adrenalina e… probabilmente qualche figuraccia. Ma niente paura, ci siamo passati tutti. Ecco la guida che avrei voluto leggere io quando ho iniziato, scritta da chi ha sbagliato abbastanza da potertelo raccontare con un sorriso.
Il fascino inspiegabile dei pallini volanti
Ammettiamolo: c’è qualcosa di irresistibilmente divertente nel vedere adulti mascherati che si rincorrono in un bosco sparandosi pallini di plastica con una pistola elettrica . È come giocare a “guardie e ladri” ma con equipaggiamento tattico da film d’azione. Il softair è quel passatempo che ti permette di vivere scene da Call of Duty senza dover spiegare al tuo capo perché lunedì hai dei lividi sospetti. Solo che nessuno ti dice quanto sia facile, all’inizio, trasformare questa fantasia militare in una commedia involontaria.
La prima volta che impugnai un’arma da softair, ero convinto di sembrare un agente speciale. La realtà? Sembravo più un turista spaesato con un attrezzo da giardinaggio. E credimi, quando gli esperti ti dicono “tieni il dito lontano dal grilletto fino al momento di sparare”, hanno ottime ragioni. Una di queste è evitare di scoprire quanto fa male un pallino di mitra softair sul proprio piede.
L’equipaggiamento: quando il troppo stroppia (ma anche il troppo poco)
Ricordo ancora la mia prima partita. Mi presentai con un paio di stivali da giardinaggio, jeans e una giacca a vento. Accanto a me, un tizio sembrava pronto per invadere un piccolo paese: mimetica completa, gilet tattico, radio, red dot , borraccia, kit di pronto soccorso e persino razioni militari. Per un gioco di tre ore in un campo dietro casa.
La verità sta nel mezzo. Non hai bisogno di ipotecare casa per giocare, ma alcuni accessori sono davvero essenziali. Gli occhiali protettivi, ad esempio. Non sono un suggerimento, sono una necessità. A meno che tu non creda che avere un solo occhio ti dia un fascino da pirata che vale la pena esplorare.
Un consiglio da amico: inizia con una replica economica ma affidabile. Il ragazzo che si presenta la prima volta con un fucile softair da 500 euro è lo stesso che scoprirà di odiare il softair alla seconda partita, garantito. E ricorda: più accessori attacchi all’arma, più probabilità hai di inciampare in qualcosa mentre corri.
La prima partita: sopravvivere è già vincere
La tua prima partita sarà un mix tra un episodio di Mr. Bean e un documentario sulla sopravvivenza. Ti ritroverai rannicchiato dietro un albero troppo sottile, con il cuore che batte a mille, mentre ascolti il sibilo dei pallini che passano vicino. Poi, quando finalmente trovi il coraggio di sporgerti e sparare, scopri che il tuo caricatore è vuoto perché l’hai scaricato mentre provavi a capire come si toglie la sicura.
Un fenomeno curioso che ho notato: i principianti tendono a dimenticare di respirare quando sono sotto pressione. Si nascondono, trattengono il fiato, e dopo due minuti sembrano pesci fuor d’acqua. Inspira, espira, e ricorda che è solo un gioco. Nessuno sta per darti un voto sulla tua performance.
E parlando di performance, preparati a correre. Tanto. In direzioni strane. Probabilmente urlando. Il softair ha questo effetto curioso: trasforma persone normali in atleti olimpici quando sentono il primo pallino sibilare vicino all’orecchio.
L’arte del non farsi male (troppo)
Nonostante le apparenze, le armi softair non sono pensate per causare dolore. È un gioco basato sull’onestà: se vieni colpito, lo dichiari e esci temporaneamente dal gioco. Ma questa semplice regola nasconde una verità universale: i pallini fanno male quando ti colpiscono, specialmente nelle parti sensibili.
Un aneddoto personale: durante la mia terza partita, ero così concentrato a non farmi colpire da uno sniper softair che dimenticai completamente di guardarmi intorno. Il risultato? Un incontro ravvicinato con un ramo basso che mi colpì in pieno viso. La ferita di guerra più dolorosa che ho riportato quel giorno non è venuta da un avversario, ma da un albero traditore.
Proteggi le parti esposte: collo, mani e, per carità, il viso. E ricorda: la paura di essere colpiti è sempre peggiore della realtà. Tranne quando ti colpiscono sulle nocche. Quello fa davvero male.
L’etichetta sul campo: come non diventare “quel tizio”
Ogni campo ha le sue regole, ma alcune sono universali. Non sparare da distanza ravvicinata se puoi evitarlo. Non discutere se qualcuno dice di non essere stato colpito (anche se sei sicuro al 100% che il tuo pallino abbia fatto centro). E per l’amore del cielo, non continuare a sparare quando l’arbitro ha fermato il gioco.
Un aspetto curioso della psicologia del softair: persone perfettamente ragionevoli nella vita quotidiana si trasformano in avvocati da strapazzo quando pensano di aver subito un torto sul campo. Ho visto discussioni accese su traiettorie di pallini softair che farebbero impallidire un professore di fisica.
E poi c’è la questione dell’overshooting, cioè sparare ripetutamente alla stessa persona. È come ridere di una battuta: una volta va bene, due è tollerabile, tre è irritante, e dopo diventa una questione personale. Un colpo è sufficiente. Se hai dubbi che l’avversario l’abbia sentito, puoi gridare “Hit!” per avvisarlo.
Divertirsi è l’unica vera vittoria
Il softair può sembrare intimidatorio all’inizio, con tutto quel gergo militare e l’equipaggiamento tecnico. Ma alla fine è solo un gruppo di persone che si diverte a giocare insieme. Non prendere troppo sul serio né te stesso né il gioco.